Postura
L’analisi della postura umana è utile per comprendere meglio alcuni aspetti rilevanti per il recupero di un movimento che sia il più possibile facile, fluido e piacevole; in una parola: “funzionale”. La struttura umana può essere suddivisa per semplicità in una parte interna ed una più periferica. La parte più interna del corpo comprende il bacino, la colonna vertebrale, la cassa toracica, la testa e il loro contenuto. La parte periferica fornisce invece mobilità e interazione con l’ambiente e comprende le braccia e le gambe. L’interno fornisce inoltre supporto e stabilità all’intera struttura che è stabilmente connessa attraverso catene miofasciali. L'integrazione del movimento si sviluppa quindi da quei primi movimenti che partono dal centro del corpo, si irradiano verso la periferia e poi si contraggono nuovamente verso il centro (Aposhyan, 2004; Kurtz e Prestera, 1976; Cohen, 1993). Tali movimenti costruiscono il tono muscolare tanto nel centro del corpo, nella la colonna e nel collo, quanto nella periferia, nelle braccia e nelle gambe. In più i movimenti che hanno origine dal centro e che sono ad esso associati, tendono ad essere stabili, coordinati ed agevoli, assumendo un significato anche psicologico importante se si considera il centro come luogo situato internamente a noi e quindi sicuro. Ciò che inoltre connette la struttura umana nelle parti suddette, può essere sintetizzato dalla funzione della colonna vertebrale. Essa fornisce infatti un asse di congiunzione tra le parti, intorno al quale si verificano i grandi movimenti delle membra e della testa nell’interazione con l’ambiente. Questi movimenti implicano mobilità, espressione ed azione, ma anche solidità e sono fondamentali nello sviluppo evolutivo.
“Non possiamo concepire lo stato di coscienza senza fissare la posizione del nostro corpo in relazione al mondo esterno; più precisamente, non possiamo valutare nessuna esperienza di sensazione, di emozione o di sentimento senza aver presente la nostra relazione con la verticale.” (Feldenkrais, 1949. Il corpo e il comportamento maturo, Ed.: Astrolabio,1996; pp.107)
Connessioni
Perciò le risorse somatiche che coinvolgono la consapevolezza del centro come stare ben sicuri a terra, la respirazione e l’allineamento, forniscono un senso di stabilità interiore fisica e psicologica che supportano l’autoregolazione (intesa come la capacità dell’organismo di equilibrare l’attivazione del sistema nervoso e quindi di preservare l'equilibrio). (Kurtz e Prestera, 1976). Diventa pertanto fondamentale, nella prospettiva di sostenere al meglio lo sviluppo di un movimento funzionale, stabilizzare la connessione con il proprio centro, attraverso la consapevolezza della colonna vertebrale come struttura forte e flessibile. Il corpo, inoltre, deve essere allineato per sfruttare maggiormente le sue capacità, in quanto, se fuori asse, è richiesto un aumento della tensione muscolare e dell’energia per mantenersi in posizione verticale. Poiché il grosso degli stimoli che arrivano al sistema nervoso proviene da un’attività muscolare che è costantemente influenzata dalla gravità, la postura è uno tra i migliori indicatori dell’evoluzione della persona e dell’attività del cervello (Feldenkrais, 1996).
Controllo involontario e volontario
La maggior parte delle funzioni di raddrizzamento sono localizzate nel tronco cerebrale e sono perciò al di fuori del controllo volontario. (Sherrington, cit. in Feldenkrais, 1996). Il corpo tende così a riportarsi automaticamente nella posizione appropriata rispetto alla gravità, dopo che ne è stato allontanato dall’attività conscia. La tendenza all’economia presente in tutti gli organismi viventi ha reso questi movimenti riflessi automatici ed indipendenti dai centri superiori, se non per ottenere un miglior grado di aggiustamento.
Gli impulsi che influenzano la postura provengono da più fonti:
- Il labirinto, con gli otoliti e i canali semicircolari
- Gli organi di senso propriocettivi
- Le terminazioni nervose esterocettive
- Le innervazioni interocettive o viscerocettive
- I telerecettori, dispositivi d’organo doppi (occhi, orecchie, naso), che si trovano tutti nel capo.
In particolare, il labirinto o orecchio interno, consta di tre parti:
- L’apparato vestibolare, costituito da due piccole formazioni cave: l’utricolo e il sacculo
- I canali semicircolari
- La coclea
Orecchio interno
Tra tutti i condotti che collegano le diverse membrane del labirinto, il canale endolinfatico, decorre dal sacculo e dai ventricoli alla dura madre cerebrale, la quale avvolge l’encefalo. Il nucleo vestibolare forma sul pavimento del quarto ventricolo un rigonfiamento che è il punto di arrivo del nervo vestibolare, il quale esercita un’influenza tonica sui muscoli antigravitari. Perciò, improvvisi cambiamenti di pressione del liquido cerebrospinale vengono trasmessi all’endolinfa, andando ad influenzare direttamente le innervazioni vestibolari e viceversa. Vediamo quindi l’importanza della posizione e del movimento del capo nella relazione con il mondo esterno. In particolare, i movimenti di torsione, flessione e rotazione del capo producono la diretta eccitazione del labirinto, che è un fattore dominante nella regolazione dell’innervazione vegetativa. È necessaria quindi la presenza del tronco cerebrale fino al nucleo rosso perché i muscoli antigravitari, (flessori degli arti superiori, estensori delle gambe, della schiena e i muscoli sospensori della mandibola) abbiano tono. I muscoli sono inoltre l’ultimo anello della catena neuromuscolare ad affaticarsi e possono rimanere contratti tonicamente anche per diverso tempo dopo la cessazione della stimolazione. In particolare, il capo è raddrizzato dai riflessi labirintici ed esterocettivi, mentre il corpo è raddrizzato dai riflessi propriocettivi ed esterocettivi. Quindi, gli stimoli esterocettivi controllano sia il capo sia il corpo, portandoli nella posizione eretta. Vi è un altro insieme di riflessi di raddrizzamento localizzati nella corteccia e sono gli unici di origine corticale che siano sotto l’influenza volontaria, diversamente da tutte gli altri di origine riflessa. Questi sono i riflessi ottici, i quali introducono un elemento volontario che entra nell’atteggiamento e nella postura, portando la stazione eretta riflessa e le funzioni di raddrizzamento dell’uomo anche sotto il condizionamento del controllo corticale. Così, con la presa del comando da parte dei centri ottici e il controllo della corteccia sui centri inferiori, la postura di riferimento riflessa diviene meno definita dando origine a considerevoli differenze nell’esecuzione dei movimenti.
“È la corteccia con il tratto piramidale e con il resto del sistema nervoso, a produrre nell’uomo l’enorme varietà di attività intellettuali e muscolari volontarie altamente differenziate e queste strutture nervose continuano a crescere intanto che continuano ad arrivare al sistema gli stimoli esterni.” (Feldenkrais, 1949. Il corpo e il comportamento maturo, Ed.: Astrolabio,1996; pp.175).
Equilibrio instabile e stabile
Una buona integrazione tra i meccanismi fin qui esposti, tende a portare il capo, il bacino e il tronco in una sovrapposizione quanto più verticale possibile, come a un sistema a tre piramidi capovolte poste con le basi in alto e in equilibrio una sull’altra. In questa rappresentazione la pelvi e le gambe costituiscono la prima piramide in cui, al centro della base orizzontale di questa piramide si trova, a livello delle vertebre lombari, il vertice della seconda piramide, la cui base è costituita dalle spalle. Infine, la terza piramide invertita è il capo, collocato in equilibrio sulle vertebre cervicali, con il vertice al centro della base formata dalle spalle. Si può pensare ciascuna piramide come una massa pesante in equilibrio su una canna lunga e leggera, ottendendo così un sistema di tre pendoli invertiti, in equilibrio uno sopra l’altro. Quando un sistema di tre pendoli è allineato in modo che il baricentro di ciascuno sia verticale al di sopra del proprio punto di riposo, il sistema è in equilibrio. (Feldenkrais, 1996).
Sistema a tre piramidi capovolte
Possiamo distinguere due tipi di equilibrio: instabile e stabile. L’equilibrio è definito instabile quando il baricentro risulta essere il più alto possibile, mentre si dice stabile quando, al contrario, è nella posizione più bassa possibile. Nell’uomo, il baricentro dovrebbe essere il più alto possibile in quanto, questo precario equilibrio, è quello che governa tutto il comportamento meccanico del corpo. Infatti, il corpo umano è usato al meglio, da un punto di vista meccanico, quando si mantiene in modo tale da essere capace di girare su sè stesso con il minor sforzo e cioè con la configurazione che ha il minimo momento d’inerzia attorno all’asse verticale. In tale postura il tono muscolare è minimo ed è sufficiente la più piccola contrazione muscolare per tener su il corpo ed impedirgli di cadere. (Feldenkrais, 1996).
Girare su sè stessi intorno all’asse verticale
L’equilibrio instabile e l’equilibrio stabile presentano le seguenti qualità o caratteristiche:
- Nell’equilibrio instabile è facile il cambiamento di posizione. Il corpo è in condizione di muoversi in qualsiasi direzione con un dispendio di energia molto ridotto. Il baricentro è il più alto possibile, l’energia potenziale è al massimo e lo spostamento si autoalimenta attraverso l’accumulo di tale energia.
- Nell’equilibrio stabile, invece, poiché l’energia potenziale è minima a causa della collocazione del baricentro nel punto più basso possibile, non avviene alcun cambiamento di posizione a meno che non venga fornita al sistema energia dall’esterno.
Inoltre, quando il corpo sta in piedi in questa predisposizione di equilibrio, è possible osservare determinate caratteristiche nella postura umana (Lovet, cit. in Feldenkrais, 1996):
- Il baricentro è appena al di sopra delle spine iliache antero-superiori e a metà distanza fra le due, permettendo così al bacino, di fungere nel migliore dei modi da base per la colonna (evitando un aumeno di curva lombare ed un abbassamento del baricentro) e di funzionare da anello di congiunzione per la deambulazione.
- Una linea verticale calata dal baricentro passa per il ginocchio e i malleoli, toccando terra entro l’area compresa tra i piedi, cioè dentro la base d’ appoggio.
- Il capo ha il proprio baricentro leggermente in avanti rispetto al sostegno su cui poggia.
Inoltre, quando una corretta stazione in piedi è mantenuta senza tensione muscolare superflua, tutte le superfici interarticolari risultano essere perpendicolari alla verticale e i due bracci di ciascuna articolazione sono disposti tra loro in linea retta.
“Il corpo dovrebbe essere organizzato in modo da poter cominciare ogni tipo di movimento (in avanti, indietro, a destra, a sinistra, in basso, in alto, rotazione a destra e a sinistra), senza dover predisporre i segmenti del corpo, senza cambiamenti improvvisi nel ritmo della respirazione, senza contrarre la mascella inferiore o tendere la lingua, i muscoli del collo o fissare con gli occhi”. (Feldenkrais, 2011. La saggezza del corpo. Ed: Astrolabio, pp.64).
Perpendicolarità delle strutture articolari rispetto alla verticale
Classificazione della meccanica corporea
Secondo la classificazione di Goldthwait et al. (1934), è possibile classificare la meccanica corporea in quattro classi:
Classe A. eccellente uso meccanico del corpo
- Capo direttamente al di sopra del torace, delle anche e dei piedi
- Petto in alto e in avanti
- Addome rientrato e piatto
- Usuali curve della schiena: non esagerate
Classe B. buon uso meccanico del corpo
- Capo troppo in avanti
- Petto non così in alto o in avanti
- Addome: cambiamento minimo
- Schiena: cambiamento minimo
Classe C. mediocre uso meccanico del corpo
- Capo in avanti rispetto alla gabbia toracica
- Petto appiattito
- Addome rilasciato e in avanti
- Curve della schiena esagerate
Classe D. Uso meccanico del corpo molto scadente
- Capo ancora più in avanti
- Petto ancora più appiattito e più indietro
- Addome completamente rilasciato, cadente
- Schiena: tutte le curve esagerate all’estremo.
Classi posturali
Si può notare, come nelle quattro posture vi sia un aumento progressivo della distanza orizzontale tra l’orecchio e la linea di appiombo verticale passante per il centro della caviglia. Questo aumento della distanza porterà ad una maggiore inclinazione delle facce di ogni articolazione in rapporto tra loro, perdendo così l’effetto di ammortizzazione delle forze meccaniche. Le curve cervicale e lombare diverranno esagerate e la mancanza di tono dei muscoli antigravitari, in particolare di quelli che collegano le spalle al collo e le anche al bacino, finirà per far spostare il baricentro in avanti, provocando un aumento del carico su strutture non adeguate a sopportare tale peso. Così, nei casi di mancanza di tono muscolare riflesso e di presenza invece di una tensione superflua, il baricentro si viene a trovare più in avanti della linea indicata e solo la continua iperestensione delle articolazioni delle ginocchia e delle curve cervicale e lombare può impedire al corpo di cadere. Questo assetto biomeccanico scompensato è mantenuto dall’intima relazione esistente fra l’eccitazione vestibolare e le regioni cardiaca e diaframmatica, che induce a trattenere il respiro e alla contrazione dei muscoli flessori per controllare volontariamente la propria postura al fine di impedire l’espressione di sgradevoli reazioni emotive. Se si protraggono nel tempo, tuttavia, questi modelli si integrano nello schema riflesso della stazione eretta diventando schemi abituali d’azione disfunzionali. Così, poiché gli stimoli che portano a fissare uno schema d’azione abituale possono provenire sia dal mondo esterno che dal corpo stesso, l’infinita varietà di stimolazioni afferenti che costantemente provengono da muscoli, tendini, visceri e fluidi, portano ad una fonte costante di input inviati ai centri superiori del sistema nervoso centrale e autonomo, rendendo possibile, con il tempo, il continuo reinsaturarsi di quello schema abituale disfunzionale anche alla sola evocazione di una singola parte delle afferenze in entrata. (Feldenkrais, 1996).
Relazioni tra tensioni emotive, apprendimento e postura
Le prime reazioni che si riscontrano dopo sensazioni di paura o ansia sono caratterizzate da una contrazione di tutti i muscoli flessori, specialmente di quelli della regione addominale e un arresto del respiro, seguiti da una serie di perturbazioni vasomotorie Queste reazioni di spavento sono correlate a stimoli intensi, prodotti da rumori molto forti, che si diffondono dall’ottavo nervo cranico (diviso in due rami: quello cocleare, in relazione con l’udito e quello vestibolare, che è correlato con l’equilibrio), fino ad eccitare il decimo nervo cranico, responsabile del blocco del respiro. L’arresto del respiro comporta una perturbazione della regione cardiaca che viene percepita come ansia. Tale esperienza è perciò connessa con una stimolazione del ramo vestibolare dell’ottavo nervo cranico e tutte le eccitazioni originate nel sistema nervoso vegetativo e in tutte le parti che esso innerva, arrivano ai centri superiori sotto forma di emozioni. In altre parole, l’impulso sensorio evoca un cambiamento emotivo a livello del talamo mentre ha luogo la risposta corporea.
Dal talamo l’eccitazione prende simultaneamente tre direzioni:
- Il sistema motorio pallido-striato, dove evoca la spontanea risposta motoria.
- I centri vegetativi, dove suscita la risposta emotiva.
- La corteccia, dove si formano le qualità consce.
Tutti e tre i centri vengono raggiunti dall’eccitazione nello stesso istante ed è l’ integrazione nella corteccia che inibisce, intensifica o modifica lo stato creato dall’iniziale percezione. Perciò, ogni emozione è associata, nella corteccia, a una qualche configurazione muscolare che compare sempre insieme con l’attività sensoria, vegetativa o immaginativa. A tal proposito diversi studi hanno dimostrato come l’apprendimento umano sia intrinsecamente connesso con l’immaginazione, per mezzo della quale è possibile annullare il lasso di tempo che intercorre tra uno stimolo esterno e la reazione riflessa a tale stimolo, in modo tale da fissarli insieme. (Roth et. al 1996; Flor, 2003; Decety, 1996; Zangrando, 2014). Secondo lo psicologo Thorndike (1874-1949), infatti, la ripetizione facilita il flusso di determinati impulsi nervosi, approfondendoli e una volta che tale processo facilitato si è formato, viene acquisito un modo abituale di fare. Alla luce di ciò, in caso di sviluppo completo dell’individuo, l’integrazione conscia prevale su tutti gli altri aspetti e risulta importantissima nell’integrare tutte quelle funzioni, tra cui anche quelle riflesse, che ci permettono di adattarci alle circostanze del momento. Tuttavia, ripetuti casi di lesioni, traumi fisici ed emotivi, portano l’individuo ad adottare un atteggiamento di sicurezza che gli permetta di alleviare l’ansia, attraverso la contrazione dei flessori. Si pensi per esempio, alla posizione raggomitolata su un fianco che se mantenuta serve a ripristinare uno stato di calma. La contrazione muscolare, infatti, essendo influenzabile con la volontà, dà un senso di controllo sulle sensazioni e sulle emozioni. Si vengono così a creare delle interferenze nel sistema: i meccanismi antigravitari riflessi che tenderebbero a portare il corpo nello stato di raddrizzamento ed equilibrio instabile, vengono intralciati dalla predominanza del controllo conscio che impedisce tale azione attraverso la continua ricerca di uno stato di quiete attraverso la contrazione dei flessori. Ciò comporta che i meccanismi antrigravitari siano sempre attivi creando una consistenza fibrosa dei muscoli estensori. Così, il controllo conscio (e il raddrizzamento ottico), prendono il sopravvento dando istruzioni che contraddicono gli altri impulsi riflessi provenienti dai centri antigravitari. Perciò, in tutti i casi di postura viziata ci sono contrazioni muscolari superflue che portano alcuni gruppi muscolari a fare un lavoro non necessario, mentre altri a perdere tono. A tal proposito, si riscontra che individui che presentano difficoltà emotive vi è la tendenza a stare in piedi senza raggiungere l’estensione completa, stato in cui è necessario un maggiore sforzo muscolare, per adattarsi alla gravità. L’origine di tale funzione difettosa è da ricercare in quegli elementi acquisiti attraverso l’esperienza personale che hanno portato ad un apprendimento interrotto o incompleto. Perciò, ripristinando un complesso stato emotivo, attraverso una corretta abitudine muscolare, che permetta alle attività riflesse e volontarie di integrarsi in maniera armonica, è possibile risolvere quelle abitudini mal adattative specificamente individuali. Questo porterà ad un cambiamento di postura e ad un cambiamento dell’abitudine muscolare generale.
Bibliografia
- Feldenkrais, M. (1996). Il corpo e il comportamento maturo. Sul sesso l'ansia e la forza di gravità. Ed. Astrolabio.
- Feldenkrais, M. (2011). La saggezza del corpo. Ed.: Astrolabio.
- Aposhyan, S. (2004). Body-mind psychotherapy: principles, techniques, and practical applications. New York: Norton.
- Cohen, B. (1993). Sensing, feeling and action. Northamption, MA: Contact.
- Kurtz, R., Prestera, H. (1976). The body reveals: An illustrated guide to the psychology of the body. New York: Holt, Rinehart & Winston.
- Goldtwaith, J.E., Lloyd, T.B., et al. (1934). Body mechanics in the study and treatment of diseae. In Book Review. Vol 27, Issue 3, P566, March 01, 1935. DOI: https://doi.org/10.1016/S0002-9610(35)91059-5.
- Roth, M., Decety, J., Raybaudi, M., Massarelli, R., Delon-Martin, C., Segebarth, C. Possible involvement of primary motor cortex in mentally simulated movement: a functional magnetic resonance imaging study. (1996). Neuroreport; 7:1280-4.
- Decety, J., Jeannerod M. Mentally simulated movements in virtual reality: does Fitts’s law hold in motor imagery? (1996). Behavior Brain Research, 72:127–134.
- Decety J.; Do immagine and executed actions share the same neural substrate; Brain Research. Cognitive Brain Research, 3:87–93, 1996.
- Zangrando,F., Paolucci, T., et al. (2014). Chronic pain and motor imagery: a rehabilitative experience in a case report. Eur J Phys Rehabil Med.2014.50(1):67-72.
- Flor, H. (2003). Cortical Reorganisation and chronic pain: implications for rehabilitation. J. Rehabil Med. Suppl. 41 :66-72.