Principi osteopatici in ambito cranio-sacrale
L’osteopatia in ambito cranico è una parte del concetto della cura completa della salute dell’intera fisiologia corporea. Essa deve il suo sviluppo a William Garner Sutherland (1873-1954), studente dell’American School of Osteopathy, che nel 1899, mentre frequentava il suo ultimo anno, ebbe un giorno occasione di osservare un cranio appositamente predisposto e montato. La sua attenzione fu catturata da una complessa smussatura, visibile nelle superfici articolari delle grandi ali dello sfenoide e delle porzioni squamose dei temporali: la sutura sfeno-squamosa.
Fu folgorato dall’idea:
"Smussata come le branchie di un pesce ed indicante un meccanismo respiratorio articolare mobile”. (Sutherland, 2010)
Sutherland passò i successivi trent’anni ad elaborare nei dettagli, mentre le esaminava, le relazioni anatomo fisiologiche del meccanismo craniosacrale. Questa visione venne riconosciuta come parte di tutta la scienza dell’osteopatia per come veniva concepita dal Dottor A.T. Still, il quale nei suoi scritti affermava che (IX-X intro fondamenti scienza osteopatica):
“Ogni parte del corpo obbedisce alla sola eterna legge della vita e del moto” (Still cit. in Fondamenti della Scienza Osteopatica, 2010. Ed. Centro Osteopatico).
Il concetto cranico, così come sviluppato ed insegnato dal Dottor Sutherand, comprende i seguenti principi:
- La fluttuazione del liquido cerebrospinale o la potenza della Marea.
- La funzione della membrana a tensione reciproca.
- La motilità del tubo neurale.
- La mobilità articolare delle ossa craniche e quella involontaria del sacro tra le iliache.
Sutherland denominò la struttura e la funzione integrate di questi cinque componenti come meccanismo respiratorio primario. In particolare, la presenza di centri fisiologici indispensabili per i processi vitali, in particolar modo il centro della respirazione, nel pavimento del quarto ventricolo, lo portò a considerare l’intero meccanismo come di primaria importanza. Inoltre, il Dott. Sutherland riteneva la fluttuazione del liquido cerebrospinale la prima e fondamentale caratteristica del meccanismo respiratorio primario e le caratteristiche di mobilità e motilità, fattori fondamentali per mantenere l’omeostasi vitale della struttura e della funzione per il sistema nervoso centrale, endocrino e di tutte le altre unità di funzione all’interno della fisiologia corporea.
Clinicamente, vennero riscontrate due tipologie fondamentali di mobilità e motilità nel funzionamento complessivo della fisiologia corporea: volontaria e involontaria. La volontaria è quella che inviamo attraverso i nostri input sensoriali ed output motori. L’involontaria è strettamente un’attività di flesso-estensione delle strutture della linea mediana e di rotazione esterna ed interna delle strutture bilaterali. Include ogni cosa, dai fluidi ai tessuti molli fino allo scheletro(…). Il movimento ritmico del meccanismo involontario rimane invariato sia che il corpo si trovi a riposo sia che esso esprima moto volontario.
“Ogni singola cellula del corpo, ogni singola cellula che risiede nei fluidi in cui sta prendendo forma viene flessa ed estesa, ruotata esternamente ed internamente da 10 a 12 volte al minuto.” (Becker, cit. in Insegnamenti della Scienza Osteopatica. Sutherland, 2010)
Si comincia a delineare l’interdipendenza tra movimento involontario e volontario, infatti, problemi strutturali e funzionali all’interno di ogni parte del corpo possono influire sul meccanismo respiratorio primario e problemi in tale meccanismo sono in grado di influenzare il resto del corpo. (Sutherland, 2010).
Alla luce di quanto detto, quando la funzione involontaria si ristabilisce, altrettanto avviene per quella volontaria e questo risultato si può ottenere con maggior facilità se i meccanismi cranici vengono coordinati anche con un’altra terapia.
In tutti i casi, la cosa importante risulta essere il principio che venne formulato dal Dott Sutherland nel 1947, quando affermò:
“Permettete alla funzione fisiologica interna di manifestare la propria infallibile potenza, piuttosto che usare una forza cieca dall’ esterno.”( Rollin Becker cit. in Sutherland, 2010: pp X-XII)
Si vedranno ora nel dettaglio i principi fondanti l’osteopatia in ambito craniale.
FLUTTUAZIONE DEL LIQUIDO CEREBROSPINALE
Per fluttuazione si intende il movimento del liquido cerebrospinale all’interno della sua cavità neurale. (…) Tale liquido è presente intorno al cervello e all’interno dei ventricoli cerebrali, circondado il tubo neurale ed il midollo spinale, internamente ed esternamente. Sutherland fa riferimento al pensiero di Still che affermava di essere stato folgorato dal pensiero secondo il quale il liquido cerebrospinale è uno dei più elevati elementi conosciuti tra quelli contenuti nel corpo e che se il cervello non è in grado di fornire fluido in abbondanza, permarrà una condizione di inabilità del corpo. (Still,2000). All’interno del liquido cerebrospinale Sutherland definisce inoltre la presenza di un elemento invisibile che chiama “Alito di Vita”. Lo visualizza come un fluido all’interno di questo liquido, come un motore primario o un’intelligenza innata, che opera come una potenza invisibile all’interno di un flusso che definisce, Marea. (Sutherland, 2010). Essa fluttua, fluisce e rifluisce, si alza e si abbassa come quella dell’oceano. Tale forza primaria è quella che dà la vita ed è la fonte alla quale attingere per riconquistare la salute e che si manifesta proprio nel liquido cerebrospinale.
“Vedete l’acqua tracimare da quell’ampio fiume(…); è fuoriuscita lasciando il letto del fiume asciutto per poi rientrare: non hanno fatto ritorno le onde, ma la marea.(…). È la Quiete della Marea ad avere la potenza, la forza, non le onde tempestose che si infrangono sulla riva.(…). Potete portare la fluttuazione a quel breve momento ritmico, a quella quiete, se comprendete il principio meccanico della fluttuazione della Marea.(…). C’è una sorta di movimento a spirale.(…). Guardate l’uragano: osservate la potenza nell’occhio e non la distruzione che esso crea intorno. Osservate la potenza nell’occhio, la quiete della Marea e il movimento a spirale. (Sutherland, 2010: pp15-16-17).”
“Non cercate di guidare il meccanismo attraverso una qualsiasi forza esterna. Affidatevi alla Marea. (…). Mediante il tatto in grado di pensare, percepire, osservare e conoscere.(…). Lavorando con la Marea dovete semplicemente “avviarla” per orientare il moto in una precisa direzione.(Sutherland, 2010: pp.13-14)”
MEMBRANA A TENSIONE RECIPROCA
La membrana a tensione reciproca è una membrana interossea che mantiene insieme le ossa del neurocranico, consente una certa escursione del normale movimento articolare e si chiama dura madre.(pp39). Essa è formata dall’incontro della falce cerebrale con il tentorio del cervelletto in punto di unione specifico chiamato seno retto. (pp.41)
Questo punto è un canale venoso, detto anche “fulcro di Sutherland”, ed è molto importante perché trasporta il drenaggio venoso profondo dal cervello.(…). Il “fulcro di Sutherland”, è anche definito come un punto di quiete intorno ed oltre il quale la membrana, costantemente in tensione, opera sui poli di inserzione. (pp.17-18).
“La membrana a tensione reciproca forma un tutt’uno con la dura madre che riveste tutto il cranio e con la guaina che riveste il midollo spinale e la cauda equina fino al sacro. Come tutte le leve, il fulcro di Sutherland agisce servendosi di un punto d’appoggio, situato dove la falce si unisce al tentorio” (pp.353).
Figura 1. Membrane a tensione reciproca
LA MOTILITA’ DEL TUBO NEURALE
Per motilità del tubo neurale si intende il movimento involontario ed intrinseco del sistema nervoso centrale che permette un’azione meccanica e neurofisiologica di trasporto di messaggi. Tale motilità interna del cervello e del midollo spinale si coordina con la mobilità delle ossa craniche e la fluttuazione del liquido cerebrospinale. In particolare, il midollo spinale si muove in direzione craniale durante l’inspirazione e discende caudalmente in espirazione. Contemporaneamente, il cervello agisce in modo da permettere la dilatazione e la contrazione dei ventricoli che contengono il liquido cerebrospinale.(Sutherland, 2010). pp.18-19).
“Voglio che guardiate quel plesso coroideo che, alternativamente, si allunga in inspirazione e si restringe in espirazione. Ecco il vostro principio meccanico per l’interscambio tra il sangue ed il liquidio cerebrospinale. Rendetevi conto della motilità del cervello e di quella del plesso coroideo che è pia madre e parte del sistema vascolare e non è sistema nervoso. Arrivate alle pareti dei ventricoli laterali e trovate la stessa organizzazione, un velo tra il plesso coroideo ed il ventricolo. Tornate al quarto ventricolo ed osservate la stessa immagine meccanica.(Sutehland, 2010: pp.21)
Sutherland descrive in questo modo il sostanziale meccanismo che permette la vita dell’essere umano, portando l’attenzione sulla posizione dei centri fisiologici nel pavimento del quarto ventricolo che regolano i meccanismi secondari del corpo. La collocazione di questi centri vitali fondamentali sottolinea la ragione per la quale egli ha definito il meccanismo respiratorio come primario.
“Questa grande batteria, la Marea, funziona attraverso quella regione. Comprendete che “il più elevato elemento conosciuto” è trasmutato in questi centri fisiologici”. (Sutherland, 2010: pp.22).
MOBILITA’ ARTICOLARE DELLE OSSA CRANICHE E QUELLA INVOLONTARIA DEL SACRO
La mobilità articolare delle ossa craniche per mezzo delle suture e quella involontaria dell’osso sacro tra le ossa iliache (il bacino) è permessa grazie all’azione della membrana a tensione reciproca.(pp.22), che facendo punto fisso su determinate inserzioni a livello craniale, cervicale e sacrale permette il movimento involontario. Quando l’occipite si muove anteriormente durante l’inspirazione, il forame magno si muove cranialmente verso un livello più elevato per mezzo dell’articolazione sfeno basilare (tra occipite e sfenoide) e la membrana durale intraspinale si solleva trascinando il sacro con sé. (pp-25-26). Questo è possibile perché la dura madre ha una salda inserzione sul margine del forame magno e non si fissa sull’atlante, ma sui corpi vertebrali della seconda e della terza cervicale, ovvero sul legamento longitudinale posteriore a quel livello. Da questo punto in poi, si trova appesa come un tubo vuoto lungo il canale vertebrale fino a raggiungere il sacro. Nel canale sacrale la dura madre si fissa sul legamento longitudinale posteriore, all’altezza del secondo segmento sacrale. Poiché la membrana è inestensibile, quando l’occipite si muove in inspirazione, leggermente in avanti e cranialmente, il forame magno e la membrana che vi sono inseriti, vengono portati di poco anche anteriormente e cranialmente, contemporaneamente la base del sacro si muove cranialmente e posteriormente in inspirazione (flessione) e caudalmente e anteriormente in espirazione (estensione). (Sutherland, 2010. Becker, 2009…………..?????pp.165).
Figura 2. Suture craniche
Arrivati a questo punto si prosegue con l' esposizione dei principi osteopatici in ambito cranico attraverso la descrizione di alcuni concetti sviluppati dopo William G. Sutherland.
FORZE BIODINAMICHE E BIOCINETICHE
Tra gli osteopati che hanno approfondito lo studio dell’osteopatia in ambito craniale, annoveriamo il dr. Rollin Becker (1910-1996). Egli nacque in una famiglia di osteopati e inizialmente si dedicò assiduamente allo studio delle opere del dr. Still che lo appassionavano. Nel 1944 conobbe Willialm G. Sutherland e divenne dapprima suo allievo e successivamente docente nei corsi di osteopatia craniale. Becker cercò di comprendere cosa fosse la salute e quale fosse la maniera migliore per ottenerla, mettendo sempre al centro del suo pensiero osteopatico, i concetti di movimento e di quiete..(Tusacno, 2014. pp.251 storia osteo)
Rollin Becker stilò alcuni principi importanti:
- Accetta il Meccanismo, la vita cerca sempre di manifestare la salute.
- L’arrendersi viene dopo l’accettare. Accetta il fatto che ciò che il meccanismo ti sta dicendo è vero.
- Sviluppa le abilità palpatorie. Il corpo è più intelligente di te, dunque impara ad imparare da esso.
Inoltre, secondo Becker, è sempre presente un’energia fisiologica intrinseca che egli definisce come forza “biodinamica” e che si trova all’interno del paziente quando egli è in salute. A tale forza si sovrappongono quelle energie fisio-patologiche che si manifestano all’interno del paziente negli stati lesivi, traumatici e di malattia e che egli identifica con il termine di forze intrinseche “biocinetiche”. Così, per produrre un disturbo traumatico o una malattia, è necessario che un apporto di energia proveniente dall’esterno, (o dall’interno se creata dall’individuo stesso) (pp.278-279-280-281), si combini con la forza biodinamica intrinseca del paziente.(Becker, 2009).
Secondo la visione di Becker, quindi, per risolvere, la lesione o il trauma, risulta necessario contattare un momento di “quiete”, attraverso una compressione o una forza in corrispondenza di un “punto fulcro” per permettere l’attivazione delle forze biodinamiche e biocinetiche intrinseche e in modo tale da far disperdere queste ultime nella biosfera e cioè nell’ambiente esterno. (Becker, 2009). (pp.182-183)
Durante il trattamento osteopatico di una lesione o trauma, egli sostiene che a livello palpatorio si sperimentano le seguenti sensazioni:
- Si prova la sensazione che questi campi di energia e questi elementi tissutali stiano lavorando in modo autonomo, nell’ambito del proprio modello.
- Viene raggiunto un periodo di quiete. (..). Quando il modello passa attraverso il punto di quiete, si verifica un cambiamento all’interno della potenza.(…). Questa è la fase correttiva del programma terapeutico.
- Il modello che va dispiegandosi evidenzia un modello di funzionamento più normale per l’area in disfunzione.(pp.183)
Ciascuna lesione o trauma, infatti si imprime in ogni tessuto all’interno del paziente. I movimenti corporei forzati e le forze alle quali il corpo viene assoggettato, creano dei potenziali microtraumi che porteranno a piccolissimi modelli di fibrosi fasciale, determinando una tensione maggiore in alcune guaine dei piani fasciali ed influendo sul futuro funzionamento di strutture, tra cui muscoli, nervi, vasi sanguigni e linfatici. (Becker, 2009). Tutto ciò, comporterà una disgregazione dei meccanismi omeostatici compensativi e alcuni precedenti scompensi, per i quali il paziente era riuscito a sviluppare dei compensi adeguati, verranno alterati, risvegliando vecchi problemi. (pp.308-309). Tuttavia, fino a che rimane una certa reversibilità nei tessuti è possibile ripristinare lo stato di salute attraverso la dissipazione di queste componenti di forza aggiuntiva. Nel momento in cui si riesce a centrare perfettamente le aree lesionate nella loro posizione anatomica e fisiologica, posizionandole in modo che i modelli di funzionamento fisiologico possano essere portati fino al punto in cui avviene la dissipazione di queste componenti di forza, si mette in moto un meccanismo in cui è il corpo stesso che effettua il cambiamento sfruttando la bioenergia del benessere che è la forza più potente esistente al mondo (pp.235). (Becker, 2009)
Figura 3. Forze biocinetiche e biodinamiche. (Rivisitazione personale)
Quindi, al fine di trattare lesioni croniche vengono esposti i seguenti quattro principi:
- Dissipazione dei campi di energia unidirezionali e non fisiologici (…) attraverso l’intera fisiologia corporea del paziente.
- Ripristino della mobilità involontaria, in flessione e in estensione, del sacro tra le iliache e rilasciamento delle tensioni fasciali nelle pelvi.
- Correzione delle lesioni articolari legamentose riconducibili in maniera specifica all’incidente, al trauma.
- Ricostruzione e ripristino del funzionamento della tensione (…) miofasciale compensatoria, raggiungendo per quel determinato individuo una “agevole” normalità. (pp.318)
Bisogna quindi provvedere a rivitalizzare quel “campo di energia” che costituisce la forza vitale, (pp.330), individuando quel focolaio di forza patologico, che è diventato un’unità fisiologica integrato con le altre e risolverlo in modo che i modelli anatomo-fisiologici normali presenti nel corpo del paziente possano ripristinare appieno la loro capacità funzionale.(pp.358). (Becker, 2009).
In genere, infatti, lesioni e traumi si presentano su più livelli sovrapposti, manifestandosi in un enorme spessore tissutale, che rende difficile alla persona essere se stessa ed assumersi la responsabilità della propria salute. Per lavorare su questi strati lesivi e traumatici, è fondamentale stimolare la dissoluzione dei modelli di inefficienza sovrapposti, permettendo agli strati di tensione di esprimere l’intento di tornare là dove sono pura energia potenziale. Bisogna quindi raggiungere i tessuti primari della fisiologia corporea e controllare che il sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico) sia perfettamente in equilibrio, in quanto esso controlla i vasi sanguigni, che a loro volta controllano l’interscambio di fluidi. È presente quindi, un’area quiescente, cioè un punto nel quale non si percepisce nulla al tatto e in cui risiedono le risorse che vengono trattenute, le quali si manifestano attraverso degli spasmi al di sopra o al di sotto di tale punto. Quando si entra in contatto con questa zona di quiete, si attiva il meccanismo per la liberazione e si potrebbe protrarre per un lungo periodo di tempo, manifestandosi poi nella fascicolazione all’estremità della leva che rappresentano i punti esterni periferici. (Becker, 2009). Se lo stato di salute fosse totale non ci sarebbe intrappolamento, in quanto essa si manifesta con un costane fluire e rifluire. Soltanto aggiungendo una lesione, un trauma o una malattia si ottengono queste aree localizzate che si struttturano in un modello definitivo, per permettere alla malattia o al trauma di esistere. Se viene applicata una compressione si inizia a rilevare una resistenza finchè non si sente di aver equilibrato l’ energia presente all’interno dell’area quiescente arrivando ad uno stato in cui si scarica o si tende a neutralizzare l’energia interna al punto di quiete. In quel momento si avrà raggiunto un punto dove si può produrre cambiamentoe e si iniziano a sentire le estremità delle leve che si modificano. (Becker, 2009).
Ci sono tre tipi di moto possibili da percepire:
- In un individuo perfettamente normale, non si sente niente.(…)
- In caso di trauma è presente, in tutta la zona periferica, una sorta di movimento casuale e non specifico, senza scopo alcuno. Ci possono essere inoltre spasmi muscolari e fascicolazioni.
- Il terzo tipo di moto è specifico e non più casuale, in quanto sembra avvolgersi e svolgersi nell’area del problema facendosi sempre più prossimo al suo nucleo. Negli stati cronici questo campo di forza racchiuso, si manifesta con questo moto ed è così ben radicato che non risulta incline ad alcun cambiamento se non si interviene rivitalizzandolo.
L’area lesa o traumatizzata, non si normalizza improvvisamente solo perché si è creato un cambiamento, ma deve avvenire una ridistribuzione completa dell’intero modello di salute. Risulta quindi necessario svuotare i vasi linfatici e le venule, migliorare l’apporto nervoso ed eliminare alcuni dei vecchi impulsi. Oltre a ciò, sarà necessario far emergere la totale vitalità dell’impulso nervoso e dell’intero meccanismo, attraverso la dissoluzione dell’energia intrappolata in determinate aree, poiché se rimane troppo a lungo bloccata, porterà all’affievolimento del sistema, il quale non avrà più risorse per il recupero. Bisognerà a questo punto stimolarlo ed insegnarli a reagire.
“Quando l’Alito di Vita sarà in grado di risolvere o dissolvere il fulcro indotto, lei farà ritorno alla forma priva di modello che possedeva in precedenza e la complessa sintomatologia svanirà.”(…). La Potenza liberata dall’Alito di Vita viene trasmutata nel liquido cerebrospinale, il quale attiva il meccanismo respiratorio primario, che a sua volta va a modificare i meccanismi secondari. Quando le acque cerebrali sono restituite alle fasce viventi colpite da siccità, i primi raccolti del funzionamento all’interno delle fasce esprimono i sintomi del ritorno a regolare erogazione ed uso d’acqua, ma non avendola avuta per lungo tempo, il primo effetto si esprimerà sotto forma di sintomi. (…) Non siamo che gli strumenti o le trasparenze attraverso le quali la forza è in grado di agire e lo fa in rapporto alla nostra quiete ed alla nostra calma” (Becker, 2009).
Bibliografia
- Sutherland, W.,G. (2010). Insegnamenti nella Scienza Osteopatica. Ed.: Edizioni Centro Osteopatico.
- Sutherland, W., G. (1998). Contributi di pensiero. Ed.: Edizioni Centro Osteopatico.
- Still, A., T. (2000). Autobiografia. Ed.: Catello Editore.
- Becker, R.E. (2009). La vita in movimento. La visione osteopatica di Rollin Becker, D.O. Ed. Futura Publishing Society.
- Becker, R.E., R.E., Brooks (2009). La quiete della vita. La filosofia osteopatica di Rollin Becker. Ed. Centro Osteopatico.
- Magoun, H., I. (2008). Osteopatia in ambito craniale. Ed.: Futura Publishing Society.